Sentì un fruscio provenire da dietro un cespuglio e vide che era un gatto che si puliva il pelo. Più avanti, sulla spaccatura di un muro, ce n'era un altro che riposava come una sfinge. Lanciò un paio di sassi ma quelli rimasero fermi a guardarlo. Il sole era appena tramontato, e il Griffith Park era quasi totalmente buio. La massa dell'erba folta che si era bruciata durante il mese di agosto sembrava respirare appena, oltre le baracche della valle di San Fernando, tra le creste delle colline prima della linea di Malibu, di Beverly Glen. Federico prendeva nota di questa maestosità silenziosa, senza distinzione. Poi a un tratto, quando si era portato proprio sul ciglio di un pendio che dava sul resto di Hollywood, si accorse di qualcosa che lo trascinava con sé, come una vertigine violenta, un profumo familiare. Allora prese a rincorrere quel profumo, provava a decifrare quella sensazione. Vide una violaciocca che era nata nello sterpame, i suoi fiori fosforescenti nell'aria nera, e più in fondo, oltre una staccionata, aveva riconosciuto un carrubo, dei pitosfori fioriti accanto a sé, un cespuglietto di finocchio selvatico. Si avvicinò, ne spezzò un rametto e se lo mise tra la lingua e i denti. Quelle piante e quell'essenza gli diedero una stretta al cuore. Disse solo: - Mediterraneo! Poi ridiscese con lo sguardo verso il basso, dove i villoni si ripetevano senza senso. |
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